Dialoghi a metà strada
"E' pronto? Tania è tornata, ho fame...dai, ti sei lavata le mani?"
Ti alzi dal divano, ultimo posto a destra, piedi sul tavolino, telecomando, il Tg.
Spero non sia la minestra, odio il risucchio.
"Stamattina a lavoro?"
Come se non lo sapessi.
"Si, moscio, ma è normale, il pomeriggio si anima di più"
"Fa pure freddo no? La gente va nei centri commerciali. Ma il pane?"
C'è chi si alza per ogni minima richiesta e va a tagliare il pane.
Non lo so quanto mi manchi, non lo so più. Ho paura di abbandonare le lacrime, le cerco per cercarti , mi chiudo per ritrovare te. Il tuo ricordo inizia ad essere cicatrice presente che a volte non fa neanche più così male. Ed ho Paura.
"Dai cambia, metti sul 5."
Ti guardo. Viso pallido, giallo. Labbra violacee, capelli corti, ormai quasi bianchi; quelli neri resistono come resiste la tua indole di guerriero che nonostante tutto non mollerà mai.
E se anche il corpo l'hai lasciato la tua forza è il nostro emblema. Non c'è parola o pensiero che non ti sia rivolto, non c'è paragone che non ti appartenga: "se ci fosse stato avrebbe fatto meglio".
Se ci fossi stato forse non sarei stata così forte.
"A che ora torni a lavoro?"
"Alle 4 apro, mi incammino prima però"
"La macchina tutto ok?"
"Si Pà, tu eri anche morto quando l'ho comprata."
Mi alzo e me ne vado.
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